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ricerca

La ricerca è una pratica che si manifesta al pubblico quando essa non c’è più. E si presenta attraverso eventi che la riguardano in modo parziale. Le stesse locuzioni opera di ricerca, teatro di ricerca, arte di ricerca, rimandano al fatto che opera teatro e arte non sono in sé ricerca, ma appartengono a un contesto, ovvero rappresentano una parte, o un momento, di questa pratica. In altre parole, l’opera è il manifestarsi di un cammino che travalica immediatamente l’opera stessa e che quindi non si offre direttamente allo sguardo di un pubblico. Esattamente come accade in altri ambiti. Che ne sappiamo, noi, della ricerca intorno al perfezionamento di un qualsiasi strumento tecnologico, dal più semplice al più sofisticato? Non ho nessuna idea precisa di cosa si siano inventati e abbiano scoperto ingegneri fisici astrofisici e affini per arrivare a concepire, produrre e commercializzare un aeroplano. Io ci salgo, e spero che non esploda in volo. Noi usiamo la tecnica, non la conosciamo. Ma questo non significa, evidentemente, che la ricerca sia un’attività autoreferenziale e conclusa in sé o, in quanto non direttamente esperibile da grandi numeri di persone, trascurabile. Il fatto che essa rappresenti la parte occulta della creazione non vuol dire che sia qualcosa di separato dal reale, che non riguardi tutti. È l’esatto opposto. Dobbiamo essere chiari su questo, dobbiamo ripeterlo e affermarlo con forza. Chi fa ricerca nell’arte (e in tutte le attività umane) garantisce a chiunque la legittimità della propria posizione e del suo superamento, prevede inevitabilmente che la verità sia un concetto da attraversare e ridiscutere e come tale non esista in termini assoluti. Se di valori è opportuno parlare, il valore che ispira ogni ricerca è totalmente, intrinsecamente e mai demagogicamente democratico, anche in considerazione degli esiti più radicali. Anzi, proprio gli esiti più radicali ci danno la misura di quanto la ricerca sappia andare a fondo nel confronto con la vita, rilanciando sempre un nuovo (ma se volete anche antichissimo) approccio alla conoscenza. 

La ricerca è il lavoro indefesso che mette in relazione quanto è vivo della tradizione con il presente, è il conflitto costante tra lo stato delle cose e l’inconsistenza del tempo, rappresenta per gli artisti l’occasione di valicare se stessi in un confronto critico e definitivo tra la storia e la propria visione del mondo. L’opera ne è una traccia, effimera, potente ma sempre fallita, non una verità ma il passaggio, ci ricorda una certa linea di pensiero, verso il nulla. E proprio per questo la ricerca nell’arte è uno dei modi per confrontarsi con le questioni fondamentali di una e, soprattutto, più culture, per intercettare, approfondire e ridisegnare le trame di ogni linguaggio ed evento del contemporaneo. Il mercato e le ragioni del denaro non sono certo assenti (come potrebbero?), ma non possono costituire in nessun modo i presupposti per decidere dell’opportunità o meno di questa pratica. Non è mai stato così, nemmeno nei tempi più bui. È una questione senza dubbio articolata, che andrebbe affrontata al livello che merita, con spazi di discussione adeguati e con tempi e modalità che non sono quelli a cui costringono le emergenze. Ma soprattutto, lo ripeto, una questione irrisolvibile se si antepongono alla sua complessità temi di natura economica, gestionale o, figuriamoci, ideologica, come invece appare in diversi momenti di questa drammatica vicenda. Perché si finisce, spesso colpevolmente, a parlare di altro. O a non sapere di cosa si sta parlando.

Clemente Tafuri | Direttore artistico di Teatro Akropolis

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